Sono aperte le iscrizioni al corso di formazione Voicecards 2.0. Il corso è a numero chiuso
17 gennaio 2025 dalle ore 10.30 alle ore 17 in via Montelungo, 18 Monza presso BB STUDIO
Per tutte le informazioni clicca ; INFO
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Il concetto di flusso o “flow”, come introdotto da Mihaly Csikszentmihalyi, rappresenta uno stato di profondo coinvolgimento e concentrazione in un’attività, che ci trasporta in una dimensione senza tempo, in cui ogni azione scorre senza sforzo. Nel contesto del canto, dell’improvvisazione musicale e delle esperienze creative in generale, questo stato può essere uno strumento fondamentale per migliorare la performance, l’improvvisazione e alimentare la creatività. Per un cantante, è uno stato ideale che permette di esprimere la voce senza inibizioni, senza che la mente razionale interferisca con il fluire naturale dell’interpretazione. Molti cantanti si trovano spesso bloccati da pensieri di auto-giudizio o dall’ansia da prestazione, che possono ostacolare la naturalezza del loro canto. Il flusso, invece, permette di bypassare questo ostacolo, aiutando il cantante a “dimenticare” sé stesso e a concentrarsi unicamente sul momento presente. Ma come si raggiunge questo stato? Ci sono alcuni elementi chiave che contribuiscono a facilitare il flusso nel canto:
Equilibrio tra sfida e abilità: per entrare nel flusso, l’attività deve presentare una sfida adeguata alle proprie capacità. Se la sfida è troppo bassa, si rischia la noia; se è troppo alta, si sperimenta ansia. Nel canto, questo può tradursi nell’esecuzione di brani che richiedono una certa complessità tecnica ma che, allo stesso tempo, non siano così difficili da far sentire il cantante sopraffatto.
Attivazione della Presenza: una delle caratteristiche del flusso è la concentrazione assoluta sull’attività in corso. Nel canto, questo significa essere completamente presenti, sentire ogni nota, ogni respiro, ogni vibrazione, senza che la mente vaghi o si perda in pensieri distraenti.
Riscontro e biofeedback immediato: la voce fornisce un feedback costante. Sentire come il suono risuona nel corpo, come le note vengono emesse, permette di monitorare continuamente la qualità della performance. Questo riscontro immediato è essenziale per mantenere il flusso. Quando un cantante entra in questo stato, la voce scorre libera, le emozioni si manifestano in modo autentico e il pubblico può percepire una connessione profonda con l’artista; questo non solo migliora la performance, ma rende il canto un’esperienza gratificante per chi lo pratica. L’improvvisazione, in particolare nel canto, è un terreno fertile in cui addentrarsi. Richiede la capacità di creare musica in tempo reale, senza la struttura rigida di un brano predefinito. Questo richiede una sincronia perfetta tra il pensiero musicale, la tecnica vocale e l’espressione emotiva, che può essere facilitata da questo stato.
Quando si improvvisa, l’obiettivo è lasciarsi trasportare dalla musica, esplorando nuovi percorsi sonori senza paura di sbagliare. Il flusso consente di superare il timore di fare errori, poiché l’attenzione è completamente focalizzata sull’evoluzione del suono in quel preciso istante. Ecco alcuni elementi che, in questo senso, facilitano l’improvvisazione:
Libertà espressiva: l’improvvisazione richiede di mettere da parte il controllo razionale per dare spazio alla creatività. Il flusso permette al cantante di sperimentare, esplorare nuove melodie, ritmi e armonie, senza il peso delle aspettative.
Connessione emotiva: l’improvvisazione è un atto profondamente emotivo, e il flusso amplifica questa connessione. Il cantante si fonde con la musica, creando un ponte tra il sé interiore e il mondo esterno, un’esperienza che può risultare catartica e profondamente gratificante.
Ascolto attivo: per improvvisare, è essenziale essere completamente sintonizzati con ciò che accade musicalmente. Il flusso aumenta la capacità di ascoltare attentamente ogni suono e rispondere in modo spontaneo, creando un dialogo musicale fluido con altri musicisti o con la propria voce.
Oltre a migliorare la performance, questo stato interno, è uno strumento potente per facilitare esperienze creative. La creatività, che spesso richiede di uscire dai confini della logica e del pensiero strutturato, qui trova un terreno fertile: la mente si libera da blocchi e inibizioni, permettendo al processo creativo di emergere in modo spontaneo e naturale. Uno degli aspetti più affascinanti è la sua capacità di eliminare il giudizio critico, che spesso rappresenta un ostacolo per la creatività. Invece di analizzare o mettere in discussione ogni idea, le idee fluiscono liberamente, si sviluppano e si evolvono senza interruzioni. Questo stato è particolarmente utile per i musicisti, poiché permette loro di esplorare nuovi territori sonori senza essere bloccati dalla paura di fallire o di non essere all’altezza. Attivarlo non è sempre facile, ma ci sono alcune pratiche che possono aumentare le probabilità di sperimentarlo:
Tecnica: la pratica costante è fondamentale. Più un cantante o un musicista padroneggia la tecnica, più è libero di concentrarsi sull’espressione creativa senza essere distratto dagli aspetti tecnici dell’esecuzione.
Preparazione mentale: creare le giuste condizioni mentali è essenziale. Ridurre il rumore interiore, come l’auto-giudizio e i pensieri negativi, aiuta a focalizzarsi sull’attività e a mantenere la concentrazione.
Tecniche meditative: possono essere strumenti importanti per migliorare il canto, aiutando a sviluppare maggiore consapevolezza del corpo e della respirazione. Attraverso la meditazione, i cantanti possono imparare a rilassare le tensioni muscolari, a gestire l’ansia da performance e a focalizzarsi sulla corretta emissione vocale. La pratica meditativa porta a una connessione più profonda con il proprio respiro, che è fondamentale per il controllo della voce, e aiuta a entrare in uno stato di concentrazione e calma, facilitando l’espressione vocale autentica e fluida.
Il concetto di flusso ha trovato applicazione in una vasta gamma di ambiti, dalla psicologia alle arti, dallo sport alla gestione aziendale, e non meno importante, nella terapia. In terapia può rappresentare un potente strumento per facilitare il processo di guarigione, migliorare il benessere psicofisico e aiutare le persone a riconnettersi con sé stesse. Questo stato, descritto come un’esperienza di completa immersione e presenza, può aiutare a promuovere la trasformazione interiore e la crescita personale. In terapia si verifica quando un paziente o un cliente entra in uno stato di concentrazione e coinvolgimento profondo durante una sessione. Questo stato non è limitato a una specifica forma di terapia: può manifestarsi in molteplici contesti tra cui la musicoterapia, la psicoterapia, l’arte terapia. Nel contesto terapeutico, si manifesta quando la persona è pienamente coinvolta nell’attività terapeutica, sia essa espressiva, come il canto o il disegno, sia riflessiva, come il dialogo con il terapeuta. Nel momento in cui si instaura questo stato, le resistenze iniziano ad indebolirsi, e la persona può accedere a una dimensione più profonda del proprio sé, consentendo una maggiore consapevolezza e comprensione dei propri stati emotivi, mentali e fisici. Raggiungere questo stato durante una sessione terapeutica, favorisce l’ instaurarsi di una serie di condizioni favorevoli e facilitanti:
Concentrazione e focalizzazione aumentate: la mente è completamente focalizzata sull’attività in corso. Questo porta a un maggiore coinvolgimento nel processo terapeutico, aiutando la persona a rimanere presente e consapevole di sé e del proprio vissuto. In terapia, la capacità di essere pienamente presenti nel momento è cruciale per riconoscere e affrontare emozioni e traumi che spesso vengono evitati o ignorati.
Riduzione dell’ansia e del giudizio: Il flow aiuta a mettere da parte il giudizio e il pensiero critico. Questo è particolarmente utile quando il timore di essere giudicati, anche da sé stessi, può ostacolare la crescita e il cambiamento. Nello stato di flusso, l’individuo è meno incline a preoccuparsi delle aspettative sociali o del giudizio esterno, il che facilita l’esplorazione emotiva e psicologica.
Autenticità emotiva: la persona è in contatto diretto con le proprie emozioni. Questo stato permette di sperimentare emozioni autentiche, senza filtri o repressioni. In molte terapie, come nella musicoterapia o nell’arte terapia, facilita l’espressione di emozioni che potrebbero essere difficili da verbalizzare. Le emozioni possono essere esplorate attraverso il suono, il movimento, la voce, il canto aiutando la persona a comprendere meglio sé stessa.
Superamento del controllo razionale: la capacità di lasciare andare il controllo razionale. Questo può essere particolarmente utile in terapie orientate all’espressione e alla creatività, dove il controllo razionale spesso limita il processo. In questo stato, il paziente può liberare il proprio potenziale creativo e emotivo, permettendo alla terapia di diventare un’esperienza profondamente trasformativa.
Accesso a nuove prospettive e intuizioni: può favorire una connessione più profonda con il sé interiore, aiutando la persona a ottenere intuizioni(insight) e nuove prospettive sui propri problemi. Nel flusso, le resistenze interiori si indeboliscono, permettendo di vedere situazioni e vissuti da angolazioni diverse, facilitando la crescita e il cambiamento.
La musicoterapia è uno degli ambiti in cui si manifesta in modo particolarmente evidente. Durante una sessione di musicoterapia, sia il terapeuta che il paziente possono entrare in questo stato di coscienza profondo specialmente durante momenti di improvvisazione musicale o di partecipazione attiva alla creazione del suono o di un canto. Quando il paziente entra in questo stato durante una sessione di musicoterapia:
Per esempio, nell’improvvisazione musicale o vocale, l’attenzione è completamente rivolta al suono e alle emozioni che esso evoca, consentendo al paziente di sperimentare una connessione profonda con il proprio mondo interiore, facilitando così non solo l’esplorazione emotiva, ma anche il rilascio di tensioni e blocchi energetici, portando a una sensazione di sollievo e liberazione.
Nella terapia corporea, come il lavoro con il respiro, la bioenergetica, il Qi gong, si può manifestare quando il paziente entra in uno stato di consapevolezza profonda del proprio corpo. Questo può accadere, ad esempio, durante pratiche di respirazione o tecniche di rilassamento, in cui la mente si calma e l’attenzione si sposta completamente sulle sensazioni fisiche.
In terapia corporea, permette alla persona di entrare in uno stato di sintonia con il proprio corpo, facilitando l’emergere di emozioni legate a tensioni fisiche o traumi.
Esistono alcuni fattori che possono favorire l’avvicinamento:
Il concetto di flusso applicato alla terapia apre una strada nuova e affascinante per migliorare il processo di guarigione e di crescita personale. Che si tratti di una seduta di musicoterapia, di un dialogo profondo io di un lavoro corporeo, può facilitare un’esperienza di completa immersione che permette di abbassare le difese, esplorare emozioni nascoste e trovare un senso di benessere e autenticità. In un mondo in cui spesso ci sentiamo frammentati e disconnessi, ci offre la possibilità di riconnettersi con il nostro sé più profondo, favorendo la trasformazione e il cambiamento. Coltivare il flusso richiede costanza, presenza mentale e un approccio equilibrato tra tecnica e libertà espressiva, ma una volta raggiunto, diventa una risorsa inestimabile per ogni artista che desideri esplorare nuovi orizzonti creativi e connettersi profondamente con la propria arte e con il pubblico.
Lorenzo Pierobon 2024 ©
La Voce risulta spesso uno “strumento emarginato” nelle relazioni e ancor di più nelle pratiche di cura, ricopre invece un ruolo fondamentale per instaurare un vincolo efficace e per creare un’identità personale ed una coesione gruppale favorevole ad un percorso terapeutico.
Indagare i differenti aspetti della propria voce è una “via” personale che porta “armonicamente” alla conoscenza di se stessi e una relazione sana con gli altri. La voce può quindi recuperare per ognuno di noi la sua collocazione interiore e la sua centralità , e questo grazie al suo ” ascolto”, che in pratica significa ascoltare se stessi.”Sentire” la propria voce equivale a cercare e trovare le strade possibili per una nuova e più autentica relazione con il proprio mondo interno e con il mondo esterno.
Del resto è innegabile che la voce racchiuda il vissuto più o meno segreto che ognuno di noi porta dentro di sé , e la sua espressione, tonalità, timbro, frequenza ecc., ne sono da esso condizionati.
Questo video del Prof. Carlo Ventura, che ringrazio sentitamente per la sua ricerca sul campo, illustra i meravigliosi meccanismi che sottendono alle attività artistiche, musicali e vocali, ancora una volta la Scienza restituisce dignità e rispetto a tutte le pratiche derivate da antiche conoscenze ed elevata consapevolezza. Proseguiamo senza indugio nelle nostre ricerche e nel nostro lavoro per permettere ad un numero sempre più elevato di persone di poter accedere a queste conoscenze.
la sacralità del suono, si può ritrovare in numerose culture e tradizioni, in ogni angolo del mondo. I sufi, attribuiscono al suono qualità divine, e ascoltando alcuni loro canti o musiche, si intuisce ben presto l’importanza degli armonici. In questi canti, la voce, viene “spinta” e fatta risuonare nella testa. Ne scaturisce un suono molto alto, che a volte perde i connotati di voce umana per trasformarsi in morbide sonorità flautate che trasportano il messaggio mistico agli iniziati.
Nel monastero sul monte Athos i monaci ortodossi (padri dioratici) intonano da tempo immemore, canti ricchi di armonici con una tessiture e sonorità molto simili al canto gregoriano, la bellezza degli armonici contenuti in questo canto risuona nelle cattedrali del vecchio continente, viene eseguito all’unisono dai monaci cantori creando così armonici naturali che accompagnano, come una sorta di melodia fantasma, tutto il canto. con il passare del tempo viene elaborato e cantato a due voci: quella principale esegue la melodia base mentre un’altra accompagna, passo dopo passo, armonizzando con diversi intervalli.
Nelle steppe, nei boschi e tra le montagne della Mongolia, Tuva e Siberia gli overtones trovano la loro più alta realizzazione nella tecnica di canto chiamata hoomi (choomig, xoomij) o “canto di gola”, che prevede una emissione con due differenti suoni di altezza diversa. Uno di questi è il suono nasale-alto che corrisponde alla fondamentale, il secondo è una nota penetrante e tagliente (una sorta di fischio) che forma una melodia al di sopra della fondamentale. Hamel ci offre una efficace descrizione di come un cantante mongolo possa emettere due o più contemporaneamente :
“egli intona una nota nasale di media altezza, mentre aprendo e chiudendo la bocca, modifica il volume della cavità orale stessa, così facendo varia lo spettro armonico di queste lunghe note. All’improvviso nel punto più alto dell’emissione una melodia cristallina ne scaturisce…..”.
Da questo si evince come i più abili cantori siano ritenuti in possesso di speciali facoltà, tra le quali quella di comunicare con gli spiriti. Ancora non si conosce la ragione profonda di questo tipo di canto ma, come spiega l’etnomusicologo Ted Levin ( Tuva : Voci dall’Asia centrale), è sicuramente correlato al rapporto dell’uomo con la natura :
“anche oggigiorno il canto di gola è strettamente connesso al rapporto con la natura, e sembra rispondere all’esigenza dell’uomo di esprimere il suo sentimento nei confronti della bellezza della natura. I pastori solitari che conducono le greggi nella steppa, non cantano per gli altri, ma per se stessi, per l’erba, le montagne , il vento, il cielo, la bellezza che li circonda.”
Ritroviamo questi aspetti e questo tipo di canto anche nella tradizione sciamanica dei buriati, popolazione nomade di Tuva (regione della Mongolia occidentale), questo ci è stato confermato parlando con una psichiatra che attualmente lavora presso luna struttura ospedaliera locale : oggi lo sciamanesimo è praticato liberamente; esiste perfino una clinica sciamanica dove farsi visitare e curare con gli antichi metodi locali. La stessa dottoressa ci ha confermato di avere seguito alcuni casi di guarigione, operata da sciamani, che risultano a tutt’oggi di difficile interpretazione da parte della medicina ufficiale.
L’uso degli armonici nei riti sciamanici è praticato in un vasto numero di regioni al di fuori della Mongolia e dell’Asia , da quella degli eskimo dell’Alaska a quella dei boscimani africani. Anche i maya possedevano una tradizione simile basata sull’uso del suono e degli armonici ottenuti con strumenti o con la voce, con l’intento di creare energia luminosa ed evocare così energie spirituali. Gli aborigeni australiani utilizzano per le loro cerimonie tribali uno strumento a fiato che produce una notevole quantità di armonici, il didgeridoo.
Questo strumento è ricavato da rami di eucalipto il cui interno è stato svuotato e “lavorato” dalle termiti. Il didgeridoo produce una nota fondamentale molto bassa, correlata da una serie di overtones molto distinti (il suono prodotto è molto simile a quello delle voci dei monaci tibetani, di cui parleremo più avanti). Lo strumento è suonato soffiando vigorosamente alla sua imboccatura e sfruttando la vibrazione delle labbra ; per essere correttamente suonato richiede la padronanza della respirazione circolare : una tecnica che permette di tenere in “tensione” il suono dello strumento mentre allo stesso tempo si inspira. La tecnica qui descritta ci introduce all’importanza della respirazione nelle cerimonie di tipo tribale/rituale. Gli aborigeni australiani credono che prima dell’apparire dell’uomo sulla terra esistesse una razza di esseri sovrannaturali chiamati Wandijna, facenti parte della razza del “tempo dei sogno” , responsabile della creazione di tutte le forme ed esseri del pianeta. Quando l’uomo fu creato questa “super razza” se ne andò lasciando in regalo agli aborigeni il didgeridoo. Quando questo strumento suona crea un campo sonico ed apre una finestra interdimensionale che permette a queste popolazioni tribali di mettersi in contatto con i Wandijna.
Pare accertato che questo strumento oltre ad essere utilizzato per o riti tribali, venga impiegato in cerimonie di guarigione. La persona ammalata si distende a terra mentre il guaritore soffiando nel didgeridoo ed invocando gli spiriti, fa risuonare la parte malata del paziente e ne provoca la guarigione. A questo proposito Jim Edward[1] “si ritiene il suono del didgeridoo nei rituali del mattino capace di rendere confortevole il viaggio del defunto verso la terra dei morti. Le persone cantano per un viaggio sicuro, senza pericoli per l’anima, questo contribuisce a creare uno stato di calma tra i presenti alla cerimonia. Esistono specifiche musiche, canzoni, suoni, che vengono tramandati di generazione in generazione ed utilizzati nel tempo per questo scopo specifico. Spesso sono gli stessi spiriti che inviano allo sciamano le parole o i suoni da utilizzare; ai non iniziati queste formule possono apparire sequenze senza senso, che assumono tuttavia la loro forza quando utilizzati nelle cerimonie. Un esempio di ciò lo troviamo presso i nativi americani. Come dice
Joseph Rael ( Freccia Dipinta) “molti di questi suoni li ho imparati, altri è la medicina stessa che me li insegna”.
Il rituale collettivo di guarigione costituisce l’avvenimento centrale nella vita culturale e spirituale dei boscimani, non a caso lo si può considerare il simbolo di questa società che è regolata in base allo stato di salute dei suoi componenti costretti a vivere in condizioni estreme. La figura centrale è lo sciamano,che attraverso i suoi poteri allontana la morte o la malattie che minacciano i singoli gruppi familiari.
I boscimani amano la musica, il canto e la danza. Il loro principale strumento musicale è una sorta di arco, che tengono premuto contro la bocca : la corda viene pizzicata ripetutamente, e la tonalità delle note è modificata dall’ampiezza della cavità orale (questo tipo di tecnica è utilizzata anche dalle popolazioni dell’Asia centrale per ottenere, con la voce, i diversi armonici) . Nelle cerimonie dei boscimani, le donne siedono intorno ad un grande fuoco, intonano canzoni purificatrici e battono le mani seguendo un ritmo intervallato e penetrante, che fa da contrappunto alla cadenza delle loro voci. Gli uomini girano lentamente attorno e dietro alle donne emettendo suoni gutturali. La danza gradualmente accelera, i canti si fanno più alti, l’atmosfera più intensa. Lo sciamano che guida la cerimonia, salta dentro il cerchio delle donne agitandosi e gridando, si dirige verso il fuoco tentando di gettarvisi, ma viene trattenuto dalle donne che spengono con le mani i suoi capelli brucianti e lo stendono per terra dove egli giace in stato di trance, quando si rialza tocca ad una ad una le donne per scacciare gli spiriti maligni, emettendo di volta in volta un suono ben preciso. Il rituale prosegue per tutta la notte, scandito dal suono delle voci e dalla ritmica degli strumenti ad arco ( i boscimani non utilizzano tamburi ) fino all’alba, quando tutti i partecipanti cadono in un sonno profondo.
Bisogna risalire al 1400 circa per comprendere il tradizionale canto dei monaci tibetani dei monasteri di Gyuto e Gyume. Si narra che una notte il lama Je Tzong Sherab Senge udì in sogno un suono mai udito prima, era una voce incredibilmente bassa e profonda che suonava quasi come il ringhiare di un animale e aveva ben poco di umano. Alla prima voce si univa contemporaneamente una seconda voce cristallina e pura, dalle tonalità alte. Nel sogno il lama Je Tzong si accorse di essere egli stesso ad emettere quello strano suono. Venne inoltre istruito su come utilizzare questo tipo di canto, che univa entrambi gli aspetti dell’essere umano, quello maschile e quello femminile, un canto tantrico che in esso racchiudeva l’essenza stessa dell’universo. Il giorno dopo cominciò a recitare le preghiere seguendo questa tecnica. Cinquecento anni dopo, nei monasteri di Gyuto e Gyume (Lhasa) i monaci continuano a recitare i mantra con la stessa tecnica, che apprendono appena novizi e che viene tramandata per via esclusivamente orale. Questa tecnica permette a ciascun monaco di emettere più suoni contemporaneamente creando una sorta di accordo.
Ascoltare questo tipo di canto è veramente un’esperienza fuori dal comune come ci riporta il Dott. Huston Smith nel suo film: Requiem for a Faith:” questi monaci, riescono ad utilizzare la cavità orale in modo da enfatizzare gli armonici che si delineano chiaramente fino a formare una melodia al di sopra della nota fondamentale. Il significato di questo sta nel focalizzare l’attenzione al sacro dall’esterno all’interno, di udire ciò che non è udibile” .I musicologi hanno successivamente determinato che la nota bassa (fondamentale) è due ottave più bassa di un DO (centrale) e vibra alla velocità di 75.5 cicli al secondo, Questo tipo di canto favorisce, in chi lo pratica, la sensazione di una fusione/unione con l’universo e con le sue forze creatrici, secondo Terry Jay Ellingson[2]: “vi sono diversi motivi che si celano dietro a questa misteriosa vocalità: quello di celare il significato delle parole ai non iniziati, di trasformare le parole nel suono omogeneo del sacro Om, ed infine di stimolare i chakras. E’ difficile identificare il profondo significato di questo tipo di canto, di sicuro l’uso di una respirazione “specializzata”, il risuonare delle cavità della testa, e l’approccio meditativo/reverenziale ne fanno uno strumento estremamente potente ed utilizzabile anche a scopo terapeutico (anche come solo ascolto). Interessante è notare la qualità e la somiglianza del suono prodotto con quello emesso dal didgeridoo degli aborigeni australiani.
Per gli indù è fondamentale il canto dei suoni sacri, (OM AHUM) e quello dei mantra (come OM MANI PADME HUM). Vengono intonati singolarmente, a scopo meditativo, oppure durante riti collettivi. È qui che il loro potere viene amplificato dal canto corale e dalla reiterazione, i partecipanti prendono il respiro all’unisono e iniziano a cantare, mentre uno finisce, un altro ricomincia creando un flusso continuo, una pulsazione sonora. Il suono corale crea così un ambiente fortemente mistico-spirituale e predispone a stati di coscienza più elevati.
Lorenzo Pierobon © 2021
[1] Jim Edward, All about didgeridoo
[2] Terry Jay Ellingson, The mandala of sound
In questo tempo “sospeso” abbiamo sperimentato diversi stati, raccoglimento, silenzio, paure, morte e rinascita; Elaborare queste emozioni significa trarre un prezioso insegnamento che possa dare luogo a una reale nuova “nascita”. Per fare questo abbiamo bisogno di prenderci cura di noi stessi, di trovare un luogo (anche fisico) che possa permetterci di trasformare tutto ciò e di metterlo a disposizione per effettuare un salto di qualità in questa nuova esistenza.
Credo fermamente che utilizzare la Voce come “strumento sacro”, unita alla forza della presenza e dell’intenzione possa contribuire fortemente a questo processo di purificazione e di liberazione dalle paure patologiche. Luoghi fisici e luoghi virtuali ospiteranno questa nuova ritualità finalizzata al recupero del benessere personale.
© Lorenzo Pierobon 2020
I templi sotterranei
erano anche luoghi di guarigione e rinascita, in cui entrare col carico dei malanni e uscire rigenerati. Questo processo di purificazione poteva avvenire in vari modi: mediante l’aspersione con acque rese sacre dalla “presenza” del Numen (Ablutio), il sonno rituale in grotta (Incubatio), o il passaggio per un varco naturale, il cui superamento rappresentava la morte simbolica del vecchio essere umano e la nascita del nuovo. (fonte wikipedia)
Riti eseguiti presso l’Asclepeion
C’erano due passaggi affinché un paziente potesse essere trattato nell’Asclepeion. Il primo dei quali era la fase di catarsi o purificazione. Ciò avveniva quando un paziente si sottoponeva a una serie di bagni e altri metodi di purificazione, come una dieta pulita per alcuni giorni o purificando le proprie emozioni attraverso l’arte. Il paziente quindi faceva un’offerta in denaro o una preghiera al tempio di Asclepio. Il sacerdote del tempio quindi offriva al paziente una preghiera con cui avrebbe alleggerito la mente del paziente e avrebbe creato una prospettiva più positiva per loro.
Successivamente, arrivava l’incubazione o terapia dei sogni. Questo era il processo in cui i pazienti avrebbero passato la notte nel tempio di Esculapio e durante la notte sarebbero stati visitati da un dio. Se il paziente era fortunato, Asclepio stesso lo avrebbe visitato. Il paziente avrebbe quindi ricevuto il trattamento adeguato mentre era in sogno o avrebbe ricevuto istruzioni da Asclepio su quali fossero i passi necessari per curare il disturbo. Se Asclepio non visitava il paziente, quando il paziente si svegliava, raccontava il suo sogno a un sacerdote o ad un interprete dei sogni e a seconda del tipo di sogno avrebbe ricevuto un certo tipo di trattamento. (fonte wikipedia)
Nel 2007 nasce il primo mazzo di carte della voce con una impostazione prettamente grafica (qui l’articolo completo).
Oggi presentiamo questo nuovo strumento considerato l’evoluzione delle carte della Voce, 96 carte divise in sezioni:
CARTE AZIONE
CARTE DILEMMA
CARTE CREATIVITÀ
CARTE VOCE
CARTE AFORISMA
Le Voice Cards, ideate da Lorenzo Pierobon, sono un potente strumento dedicato a professionisti di diversi ambiti: dalla relazione di aiuto alla creatività, dal teatro al canto. Pensate per superare blocchi emotivi e creativi, queste carte aiutano a esplorare nuove strade espressive e a sviluppare competenze vocali e relazionali in modo pratico e personalizzato.
Le Voice Cards sono pensate per:
Sono particolarmente utili per affrontare e risolvere blocchi creativi o emotivi, fornendo strumenti immediati per esplorare e trasformare il proprio rapporto con la voce e il corpo.
Il mazzo è composto da circa 96 carte, suddivise in sezioni specifiche:
Le Voice Cards non vengono vendute singolarmente ma sono fornite esclusivamente in combinazione con un corso di formazione personalizzato, disponibile in sessioni individuali o in piccoli gruppi.
Il corso è fondamentale per:
Il corso, accessibile solo dopo un colloquio preliminare, garantisce un’esperienza formativa su misura per ogni partecipante, valorizzando l’unicità del proprio percorso.
Contattatemi in privato per informazioni:
pierobon.lorenzo@gmail.com
© 2019 Lorenzo Pierobon
Le Voice cards, carte della voce, nascono come uno strumento creativo/didattico all’interno del metodo Vocal Harmonics in Motion®. Sono state create sulla base…