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Melodie Cellulari: nuove prospettive di medicina rigenerativa

Questo video del Prof. Carlo Ventura, che ringrazio sentitamente per la sua ricerca sul campo, illustra i meravigliosi meccanismi che sottendono alle attività artistiche, musicali e vocali, ancora una volta la Scienza restituisce dignità e rispetto a tutte le pratiche derivate da antiche conoscenze ed elevata consapevolezza.  Proseguiamo senza indugio nelle nostre ricerche e nel nostro lavoro per permettere ad un numero sempre più elevato di persone di poter accedere a queste conoscenze.

Recensione: la notte della Sibilla, un rito musicale – 4 giugno 2022

LA NOTTE DELLA SIBILLA

CASA KEYOU, 4 GIUGNO 2022 con Giusi Zaccagnini, Lorenzo Pierobon, AnnA Taddonio

Battiti potenti di tamburo scuotono il vocio che subito si zittisce. Si dissipa, di colpo, il velo della quarta parete: entriamo tutti nella magia dell’Arte e si percepisce che quei battiti stanno cambiando le vibrazioni della Shala e le nostre, interiori.Ogni tanto un richiamo d’uccello irrompe, si insinua e si propaga come un’eco misteriosa.

Inquietante? Quei suoni, in fondo, lo sono, come tutti i richiami, e dicono: “Preparati, anima, all’incontro! Vexilla initura sunt. Sibilla venit[1]…”.E proprio quell’inquietudine è la chiave d’accesso che prepara all’evento: un occhio disposto a cogliere l’azione teatrale/rituale, l’altro pronto a guardare in interiore hominis. E il ritmo insiste, incalza e fa da tappeto agli altri suoni che evocano immagini, fors’anche emozioni, ma ancora senza precisa identità.

Quand’ecco, come dal cunicolo dell’antro, avanza Lei. E vengo catapultata a Cuma, in quel corridoio di passaggio che sta nella mia memoria di studentessa.Lei, avvolta e nascosta da veli, accompagnata da tintinnii di sonagli e da bagliori evanescenti. Anche Lei inquietante, perché pienamente avvolta dal Mistero, a cui si aggiungono le nostre aspettative e, forse, i ricordi dell’immaginario.

Avanza, maestosa, con lentezza, entrando con circospezione nello spazio sacro, appositamente per Lei predisposto con fumigazioni sapienti e rituali.E comincia il disvelamento, lentamente, quel poco che serve ora. E poi ancora e ancora.Finché un urlo acutissimo squarcia inaspettatamente il silenzio, appena sostenuto dalle Voci di AnnA Taddonio e Lorenzo Pierobon.

Il cuore accelera i battiti, ma quell’urlo ha avuto il potere di tacitare la mente e, in fondo, anche le meravigliate attese degli spettatori.È come se si fosse formata una bolla fuori dallo spazio-tempo e non ci fosse più distinzione fra pubblico, musicisti (che hanno sempre intessuto con Lei un dialogo potente di suoni e Voci dalla grande forza evocatrice) e la Sibilla stessa, che da quel momento ha costituito il focus per tutti gli astanti.

Davanti a Lei, fra due lanterne, è posta una grande ciotola tibetana che contiene le nostre domande o delle parole-chiave su cui ha dato i suoi responsi oracolari, mirabilmente improvvisando (l’attrice, Giusi Zaccagnini) per più di un’ora, con acute e profonde osservazioni e con saggi consigli, pur non sapendo da chi provenissero le domande e le suggestioni tematiche; io credo, però, in base alla mia personale esperienza di quella sera, che si sia comunque sintonizzata con i presenti, molto più di quanto Lei stessa possa aver immaginato, incarnando davvero, e non solo per finzione teatrale, il ruolo della Sibilla. Ogni piccolo foglio viene pescato dalla ciotola sonora e riposto con pari cura, con una mano rispettosa e forse guidata da mani “altre”… Chissà?! Amore, Chiave, Malattia, Mistero… un mondo dietro ogni parola. Sarebbe stato facile cadere nella banalità, ma questo non è stato, mai. Anzi!

“Così la neve al sol si disigilla /così al vento ne le foglie levi / si perdea la sentenza di Sibilla.” (Dante, Par. XXXIII 64-66)

Eppure quell’Essere misterioso, dalla voce talora potente e penetrante, a volte inquietante, altre volte pari a un soffio di vento, con il passare del tempo e dei responsi, si è via via completamente dis-velato, palesando alla fine solo la Donna, potente e fragile, umile ed eccelsa; donna fra le donne, umana fra gli umani. E con un altro urlo lacerante ha sigillato la fine del suo intervento. Alfa e Omega impresse su una lapide ideale con la sola forza della Voce. Ma la suggestione non sarebbe stata così potente, se ogni momento non fosse stato preparato e accompagnato, sostenuto e sottolineato dalle magiche sonorità prodotte da AnnA e Lorenzo: tamburi sciamanici, gong, campane tibetane… e i canti ispirati che, a momenti, mi hanno dato l’impressione che provenissero dal sancta sanctorum di un tempio, tale era la mirabile sacralità delle Voci.Arte che nasce dalle connessioni, dall’Ascolto reciproco, da una sorta di sintonizzazione spontanea, che ha del miracoloso. E con profonda riconoscenza ringrazio chi ha ideato, realizzato e ospitato questa “Notte della Sibilla”, perché, oltretutto, mi ha ricordato quanto scrisse Servio nel suo commento all’Eneide di Virgilio: “Si dice Sibilla ogni fanciulla che abbia la capacità di accogliere la divinità nel suo petto”.

Se ci ricordassimo più spesso questa “verità”, daremmo più frequentemente Voce al Divino che è in noi e diventeremmo davvero “profetesse” del nostro deus interiore. Perché “profeta”, contrariamente a quanto generalmente si pensa, non è colui che “dice prima” gli eventi futuri, ma chi parla “al posto di…” un “dio”, si fa ispirare, invasare dall’enthousiasmòs, l’ispirazione divina (il furor dei Latini).

Ma la buona notizia (e non è affatto una novità, sia chiaro) è che questa Voce non va più ricercata in un “altrove” fuori di noi (in latino “altrove” si dice alibi… un caso?), ma, con espressione già precedentemente usata, in interiore hominis.

Lì è la sede, nell’umiltà del più potente incontro con la nostra parte divina.

Maria Rita Piva

[1] I vessilli stanno per entrare. La Sibilla viene.

Il canto migliora la qualità della salute nei pazienti Long Covid (The Lancet)

Un programma incentrato sulla riqualificazione respiratoria tramite tecniche di canto e pratiche olistiche.

Studio completo (English Version)

Sempre più spesso si torna a parlare di tecniche legate alla Voce, al canto e al respiro per migliorare la salute fisica e mentale delle persone. Secondo uno studio pubblicato su  Lancet Respiratory Medicine, un programma di respirazione specializzata e pratiche olistiche può migliorare la dispnea e la componente mentale della qualità della vita correlata alla salute nei soggetti con sintomi persistenti dopo Covid-19.

«Ci sono pochi interventi evidence-based per il long Covid, tuttavia, si consigliano pratiche  olistiche a sostegno del recupero. Abbiamo valutato se un programma di respirazione e benessere potesse migliorare la qualità della vita in questa popolazione» spiega Keir Philip, dell’Imperial College di Londra, primo nome dello studio. I ricercatori hanno valutato i dati di pazienti adulti trattati per long Covid nel Regno Unito dopo Covid-19 che presentassero affanno, con o senza ansia, ad almeno quattro settimane dall’insorgenza dei sintomi della malattia. I partecipanti al gruppo  hanno seguito un programma di respirazione e benessere di sei settimane, sviluppato per persone con long Covid che soffrono di dispnea, e incentrato sulla riqualificazione respiratoria tramite tecniche di canto e pratiche olistiche. 
L’analisi tematica dell’esperienza dei partecipanti  ha identificato tre temi chiave, ovvero i miglioramenti nei sintomi, la sensazione che il programma fosse complementare alle cure standard, e la particolare idoneità del canto e della musica a soddisfare i loro bisogni. «Approcci basati sul rapporto tra mente e corpo e sulla musica, che comprendono tecniche di gestione dei sintomi e pratiche ludiche, possono avere un ruolo importante nel supportare la guarigione» concludono gli autori.

Seminario: Oltre la Voce il rito del Solstizio 19-22 giugno 2025- Rapallo (GE)

Montallegro-Rapallo  19-20-21-22

nella serata di sabato  21 giugno verrà proposto un concerto rituale , nella splendida cornice del bosco superiore (aperto al pubblico esterno), dell’Harmonics Art Ensemble composto dai partecipanti al seminario più ospiti speciali.

Un bosco magico pieno di lucciole, un panorama mozzafiato, un luogo incantato; questa sarà  la cornice  dell’edizione 2024 del seminario OLTRE LA VOCE.

20ma  edizione:

Asclepeion il tempio della Voce condotto da Lorenzo Pierobon. Un’occasione per entrare in contatto profondo…

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Le cinque stanze e il mistero della Voce

Entrare in contatto profondo con la voce comporta un viaggio fortemente simbolico “da fuori a dentro”, la possibilità di unire la linea orizzontale con quella verticale, per questo ho sentito l’esigenza di creare il percorso delle cinque stanze, una modalità di preparazione e di riscaldamento con tre diversi livelli di fruizione: fisico, energetico, simbolico. In questa esplorazione entreremo in possesso di strumenti da utilizzare, simboli, intuizioni, otterremo  la possibilità di liberarci dei nostri fardelli emotivi, energetici, mentali. Chi conosce il mio lavoro sulla voce sa che ogni incontro, individuale o di gruppo, inizia sempre in modo rituale con il percorso delle cinque stanze.

LA STANZA DEL SUONO: dedicata al paesaggio sonoro che ci accompagna nel percorso, il primo passo è quello di entrare in contatto profondo con tutte le fonti sonore presenti nel “qui e ora”, affinando l’udito si aumenta la concentrazione e la presenza.

LA STANZA DELLA MATERIA: entriamo in contatto con con il corpo evidenziando i messaggi che quest’ultimo ci invia incessantemente; aumenteremo così la consapevolezza dei blocchi e delle tensioni fisiche.

LA STANZA DELLE EMOZIONI: il contenitore del nostro stato d’animo, qui possiamo percepire in modo netto le emozioni che governano il nostro essere nel momento presente.

Le prime tre stanze permettono al nostro sistema corpo/mente di entrare in uno stato di profonda attenzione e presenza.

LA STANZA DEL RESPIRO: qui avviene il contatto alchemico tra terra e cielo, la trasformazione del respiro meccanico in respiro consapevole. Successivamente attraverso l’emissione di alcuni suoni consonantici ci concediamo la possibilità di liberare simbolicamente tutto ciò che può ostacolare il nostro percorso: paure, tensioni, blocchi e pensieri negativi.

LA STANZA DELLA VOCE: il luogo piú sacro della “cattedrale sonora” in cui viene custodito il Mistero, qui inizia il riscaldamento vocale e la pratica esoterica della Voce, entriamo in contatto con il non luogo: L’altrove.

Lorenzo Pierobon © 2014

La voce il simbolo e la cattedrale sonora

Usare la Voce in modo esoterico significa, prima di tutto, utilizzare il potere dell’intenzione per creare a livello sottile il suono, successivamente si attinge alla forza archetipica del simbolo e solo allora si procede a produrre acusticamente il suono, in pratica: dal pensiero al simbolo, dal simbolo alla creazione. Mi piace pensare che attraverso le Voce si possa costruire la ” cattedrale sonora”, un luogo dove esprimere le emozioni più profonde e attivare un processo trasformativo capace di innalzare il nostro canto a livelli superiori. In tempi  antichi, quando si decideva di erigere un edificio sacro, si procedeva ad identificare un luogo preciso piantando un palo di legno nel terreno, attorno a questo centro “energetico” veniva tracciata una circonferenza, e da questo punto preciso preciso si iniziava a edificare  la costruzione sacra. Il  punto  rappresenta il principio, la Fonte, il cerchio  l’eternità, lo spazio fluido, se a questo aggiungiamo le vocali  U I, che nella mia pratica vocale simboleggiano terra e cielo, otteniamo questo potente simbolo di attivazione per la “cattedrale sonora”.

 Lorenzo Pierobon © 2022

 

Sound research Stanford University

Ecco le ultime novità provenienti dalla prestigiosa università di Stanford riguardanti le ricerche sulle applicazioni del suono in medicina.
Ricordate la Cymatica?

https://stanmed.stanford.edu/listening/innovations-helping-harness-sound-acoustics-healing.html

Lo Yoga Ratna-il gioiello dello Yoga (Patrizia Martinelli)

propone un cammino per entrare dentro se stessi e potersi conoscere al di là degli specchi (quelli reali o anche quelli che ci rimandano le altre persone), aprirsi alla consapevolezza e scoprire il gioiello nascosto in ognuno per poter ridefinire la propria identità.

La maestra Gabriella Cella ha ideato questo metodo che si basa su una ricerca che pone al centro il simbolo, legato alle forme del corpo e del respiro con tutta la sua forza dirompente.

Il corpo si esprime in tante forme differenti, tante quanto l’universo ne può contenere e quante la mitologia e la simbologia più antica hanno manifestato, forme che hanno un riferimento reale oppure meramente fantastico, che esprimono modalità legate al femminile oppure al maschile.

Proprio osservandosi senza giudizio, nell’immobilità dell’asana, ascoltando il tipo di respirazione che si crea, percependo l’elemento e dunque il Raja Chakra che è influenzato, è possibile risvegliare il simbolo che agisce all’interno. Accogliere ciò che appare senza giudicare, vivere l’armonia e l’eleganza del gesto, lasciare affiorare sensazioni di piacere o di disagio senza sottrarsi, può far emergere parti di sé finora ignote e sperimentare la complessità dell’esistenza.

E altrettante possibilità ce le offre il respiro che ci porta all’interno ed è strumento di autoconoscenza. Con il pranayama impariamo esercizi che ci permettono di individuare il nostro stato energetico e che producono effetti benefici come farci superare stati emozionali intensi, trovare la calma e la concentrazione e che possono equilibrare, rilassare o energizzare a seconda di quello di cui abbiamo bisogno. Esercizi che hanno particolari caratteristiche simboliche oltre che azioni terapeutiche ed energetiche.

E non dimentichiamo che il respiro può diventare suono con i Mantra (che significa strumento per la mente): quando i dati sensoriali ed emotivi che ci raggiungono e ci coinvolgono, creano confusione al nostro interno e la mente riflette un’immagine distorta della realtà, la recita dei mantra può favorire il silenzio della mente e lo scorrere dell’energia vitale. Dedicandoci a questa pratica in una ricerca che ha bisogno di una guida attenta, è possibile sperimentare come sia possibile diventare un tutt’uno con questi suoni e realizzare di essere una cassa di risonanza dell’armonia universale. Con i Bija Mantra (Mantra seme) relati ai Maha Raja Chakra (che sono vibrazioni cosmiche concentrate nel microcosmo umano e rappresentano le tappe evolutive nel percorso realizzazione individuale) ci si riferisce a suoni che vanno ad amplificare la concentrazione su questi Centri di energia e sugli elementi ad essi correlati, per stimolarli.

Se si avverte la spinta a voler cambiare qualcosa di se stessi o della vita che si conduce, lo Yoga Ratna ci aiuta. Se in una determinata fase della vita si ha più bisogno di forza o di equilibrio, di fluidità o di fermezza, di abbandono oppure di stabilità, è possibile scegliere esercizi respiratori e mantra adatti alla situazione, così come posizioni di eroi ed eroine, di divinità, di animali, di elementi della natura in cui si evidenzi quella qualità che ci interessa potenziare.

La pratica di questo tipo di Yoga diviene uno strumento duttile e prezioso a disposizione di chi non voglia perdersi in vane acrobazie o effetti consolanti, ma intenda liberarsi dalle abitudini con cui è solito definirsi.

 

Patrizia Martinelli ha conosciuto lo Yoga all’inizio degli anni ‘80 e si è diplomata presso l’E.F.O.A. (European Federation of Oriental Arts) nel 1992 e presso la S.I.Y.R. (Scuola Insegnanti Yoga Ratna) nel 2003. E’ socia YANi (Associazione Nazionale Insegnanti Yoga). È appassionata alla ricerca in questo ambito ed a questo fine ha viaggiato in India , soggiornando in alcuni Ashram, e continua a seguire percorsi formativi e sentieri d ricerca. Vive a Lucca dove insegna Yoga da trenta anni presso l’associazione da lei fondata, il Centro Amrita. patrimartix@gmail.com   3293773096

Il potere dell’osservatore(Chiara Zagonel)

di Chiara Zagonel dott.ssa in matematica e fisica

Uno dei pilastri alla base della teoria quantistica è il cosiddetto principio di indeterminazione, formulato nel 1927 dal fisico tedesco Werner Karl Heisenberg. L’implicazione più importante di tale principio è che l’osservatore non è distaccato dal sistema che osserva, anzi ne fa parte e lo condiziona solo per il fatto che interagisce con esso. Viene così a sfumare la rigida distinzione tra soggetto e oggetto che aveva contraddistinto la fisica fino a quel momento, e la realtà osservata perde ogni connotazione di oggettività. Infatti, essa risulta esistere solo in funzione di una misurazione e della modalità con cui tale misurazione viene effettuata.

Tale principio, che Einstein cercò ripetutamente di confutare senza riuscirvi, si è dimostrato perfettamente in linea con il resto della teoria quantistica ed è stato verificato sperimentalmente in modo indiscutibile. Uno tra i numerosi esempi in tal senso è dato dall’effetto Zenone quantistico, individuato nel 1977 dai due fisici indiani B. Misra e G. Sudarshan. In base a tale effetto, quando si osserva in modo continuo una particella che dovrebbe decadere in un certo intervallo di tempo, tale particella non lo fa. L’osservazione ripetuta impedisce alla particella di decadere ed essa da instabile diventa stabile, come è stato confermato sperimentalmente nel 1990. 

In base al principio di indeterminazione di Heisenberg si può affermare, quindi, che l’osservatore, quello che fa e come lo fa diventano centrali rispetto a tutto il resto, che ne risulta quasi un semplice corollario, una conseguenza, se non addirittura una proiezione dell’intenzione iniziale dell’osservatore. Sembra incredibile che quella che crediamo essere una realtà concreta, oggettiva e indipendente sia invece così strettamente collegata a noi, al punto tale da modificarsi in relazione a quello che facciamo. Eppure è così. 

Passando dal mondo microscopico delle particelle subatomiche a quello macroscopico e riportando tale principio a un livello personale, possiamo affermare che in ogni istante della nostra vita siamo gli artefici di quello che si manifesta e, consapevoli o no, siamo contemporaneamente la causa e l’effetto. È una nostra responsabilità personale il passaggio da ciò che potenzialmente potremmo essere o fare a quello che successivamente accade. Infatti, non è possibile considerarsi dei soggetti distaccati e ininfluenti sulla nostra realtà e in qualche modo vittime di quello che succede, come se fosse esterno ed indipendente da noi. 

Inoltre, bisogna tener presente che l’assunzione di responsabilità a cui il principio di indeterminazione ci richiama non riguarda solo noi ma anche chi ci sta attorno. Di fatto, il modo con cui osserviamo gli altri influisce su di loro. Tutto ciò risulta particolarmente importante se riportato all’interno della relazione con l’altro, soprattutto in campo educativo o terapeutico, dove l’atteggiamento e l’intenzione dell’operatore influisce e determina la risposta di chi ha davanti. È essenziale ricordarsi che, analogamente alle onde elettromagnetiche, ci comportiamo in maniera diversa se sappiamo di essere osservati e rispondiamo a seconda di come viene fatta l’osservazione. Pertanto, guardare a un paziente come un soggetto in un processo di guarigione piuttosto che come una persona malata, o alla vivacità di un bambino come un indice della sua vitalità invece che un fattore di disturbo fa davvero la differenza.

Chiara Zagonel

Chiara Zagonel: dott.ssa in matematica e fisica, ha tradotto Quantum Mind di A. Mindell e ha scritto Storia dei quanti (2019) e Metafore quantistiche (2020). Tiene conferenze e seminari sulla fisica quantistica. 

www.chiarazagonel.it       Fb: Chiara Zagonel

Il mito di Atlante: un’anatomia della voce tra terra e cielo (Luca Cascone)

Secondo il mito greco, Atlante era un Titano, una delle prime divinità legate alle potenze naturali. Secondo Esiodo si schierò con Crono (il Tempo), secondo Signore del Mondo, nella guerra scatenata dal figlio Zeus per la supremazia. Persa la battaglia, Atlante fu condannato da Zeus a reggere il peso del cielo sulle sue spalle per allontanarlo dalla terra.
Originariamente era emanazione diretta della potenza del Mare (da cui infatti l’Oceano Atlantico, e la perduta isola di Atlantide). Figlio, oltre che di Giapeto o di Zeus, di Climene o di Asia, progenie di Oceano e Teti, le prime personificazioni del Mare, nonché padre di Calipso e delle Esperidi, Atlante incarnava per Omero ed Esiodo la capacità dell’Acqua di mobilizzare grandi forze (dalla stessa radice viene il verbo latino tollo, da cui “tollerare”, “portare”). Il suo nome è stato traslato per metafora al compendio per eccellenza – quello delle mappe (geografiche, anatomiche, …) che per così dire reggono la conoscenza sistemica -, a una catena montuosa, per la sua solidità, e alla prima vertebra cervicale, quella parte corporea che regge il peso del capo.

Perché parlare di mitologia in un articolo sulle relazioni tra voce e sistema cranio-cervicale?
L’Atlante mitologico solleva il cielo (o il mondo, in altre raffigurazioni) come quello anatomico regge il capo. La sua struttura di circonferenza ossea, con le superfici articolari conformate a delineare in due fosse curve una sezione di sfera cava, ne fanno il perfetto alloggiamento per la sfera piena dell’occipite, la struttura che costituisce gran parte della base del capo, insieme ai due temporali e allo sfenoide, e accoglie le strutture più inferiori del complesso encefalico (romboencefalo).
L’Atlante mitologico poggia i suoi piedi al confine della terra, come quello anatomico si poggia su una solida struttura, la seconda vertebra cervicale (detta “epistrofeo”, dal greco “girare intorno”), che ne completa la struttura e la funzione con due faccette articolari conformate a binario, perfette per una rotazione molto ampia (45° per lato, la metà di tutta la rotazione cervicale!), e un massiccio dente che ne costituisce il perno. A sua volta, l’epistrofeo si appoggia sulla colonna cervicale.
Queste strutture costituiscono posteriormente le inserzioni dei muscoli suboccipitali, fondamentali nell’aggiustamento fine del capo, e hanno relazione con i maggiori muscoli della regione craniocervicale (trapezio, spleni, sternocleidomastoideo, lunghi del collo, …), di cui il complesso occipito-atlanto-epistrofeo (OAE) è a tutti gli effetti il perno di orientamento, in sinergia con gli i segnali sensoriali (vista e udito in primis).
Fondamentali anche le relazioni vascolari e neurologiche di questa area: da qui passano in transito da e per il cranio i principali rami vascolari (arterie carotide interna ed esterna, arteria vertebrale, vena giugulare), nonché nervosi (nervo vago, accessorio, glossofaringeo, in connessione con il sistema trigeminale e facciale) che garantiscono la gran parte dell’organizzazione cinetica di cranio, faccia e collo. Da qui inoltre il midollo spinale incontra il tronco encefalico endocranico, costituendo il cosiddetto ponte miodurale, la connessione diretta tra le meningi encefaliche e i sopracitati muscoli suboccipitali: l’Atlante è a tutti gli effetti il luogo di confine tra terra (il corpo) e cielo (il cranio e il suo contenuto), bagnato da un mare in perenne fluttuazione, quello del sistema liquorale che circonda, protegge e nutre il sistema nervoso centrale.

Qui entra in scena il sistema oro-faringo-laringeo, a cui la base cranica è strettamente collegata, insieme al sistema muscolare ad esso associato, che comprende muscoli mimici, masticatori, palatini, faringei e, ovviamente, i famosi sovra- e sotto-ioidei. Tutti questi muscoli hanno connessione a vario titolo con occipite, temporale, sfenoide e sistema OAE, e per intermediazione del continuum linguale e delle strutture nervose la laringe intreccia una relazione biunivoca con il passaggio craniocervicale, non solo o necessariamente in senso strutturale, ma anche e soprattutto funzionale. Ad esso si appendono le strutture che proseguono verso il basso nel sistema respiratorio e in quella numerosa serie di strutture che costituiscono il sostegno posturale all’attività pneumofonatoria.
I nervi sopra citati (trigemino, facciale, vago, accessorio, glossofaringeo) costituiscono quello che in relazione alla teoria polivagale è stato chiamato sistema nervoso sociale, di cui l’attività vocale costituisce una diretta emanazione insieme alle modulazioni posturali e comportamentali che si accompagnano alle attività affettive, o alla loro modulazione e dis/organizzazione anche sulla cascata posturale che esse modulano e dirigono nel dialogare con l’ambiente.

Senza tenere in conto la natura acquea del Titano mitologico, ovvero quella affettiva del corpo umano, la regione craniocervicale non acquista il suo senso più intimo e profondo: quello di custode e veicolo dell’espressione (o non espressione) e comunicazione (o non comunicazione) umana.
Non a caso dall’evoluzione sinergica di quest’area la specie homo ha sviluppato, come ben analizzato da S. Mithen nelle sue teorie sull’evoluzione del linguaggio, da strutture originariamente deputate a scopi come l’alimentazione e la respirazione (anch’essi comunicativi), la capacità di trasdurre i moti interiori in canto e poi in parola, organizzando così il pensiero e il linguaggio che lo edifica. Non a caso è la fluidità del respiro, sostenuto e appoggiato ad una sinergia pneumatica che viene dal sistema di catene muscolari ben conosciuto dai vocologi e utilizzato dai vocalisti, facente capo al sistema dei diaframmi, connesso alla base cranica e al complesso OAE, a portare la voce come un’onda fluida e costante verso la sua vibrazione laringea e verso la sua modulazione superiore (strutturale e cognitiva). O, per dirla con il linguaggio mitico, non a caso Atlante si appoggia sulla Terra reggendo il Cielo con la forza delle Onde.

Luca Cascone

Osteopata D.O., Musicista e Musicoterapista in formazione, Facilitatore di Medicina Narrativa.
Da sempre esploratore delle relazioni e dei confini tra i diversi ambiti dell’umano, fonde lo studio dell’anatomofisiologia a quello della comunicazione e degli stati di coscienza e consapevolezza dell’uomo in relazione a sé e all’ambiente.
Narratore per vocazione, si occupa del linguaggio narrativo in ambito non verbale, para verbale e verbale come mezzo di costruzione, sostegno e trasformazione della coscienza individuale e di comunità.

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