Continua la pubblicazione di alcuni post estratti dal libro “Suoni dell’anima – l’essenza nascosta della voce” (Minerva Edizioni)
La voce come il suono ha la caratteristica di essere impalpabile ed eterea, questo forse è uno dei motivi della fascinazione che proviamo. La voce non solo è veicolo per il linguaggio e l’espressione, ma è anche utilizzata in contesti artistici e creativi, ad esempio attraverso il canto. La voce quindi può essere considerata a ragione un vero e proprio strumento musicale, uno dei primi utilizzati dall’uomo…
In tutte le epoche il “potere della voce “ si è manifestato tramite i sacerdoti e gli oracoli dell’antichità, fino ai cantanti più raffinati dei nostri giorni. La voce ha sempre concorso nel determinare il potere personale di coloro che sapevano utilizzarla al pari di uno strumento. Ma perché può avere questo effetto così seducente? Quante volte siamo stati attratti dal timbro di una voce senza riuscire a spiegarcene la ragione? Cosa trasmette la voce oltre alla vibrazione fisica delle corde vocali?
A questo proposito il grande maestro sufi Hazrat Inayat Khan racconta questa antica leggenda orientale “ quando Dio fece l’uomo da un impasto di creta e chiese all’anima di entrarvi, questa si rifiutò di entrare in quella casa-prigione. Dio allora comandò agli angeli di cantare e mentre questi cantarono, l’anima, inebriata dal canto, entrò.”
La voce è energia, fisica, ma non solo. E’ un veicolo, un mezzo per portare all’esterno il linguaggio, i concetti legati alla sfera del verbale, ma anche la vibrazione che da’ vita all’emozione. Questo fa della voce lo strumento più potente a disposizione dell’essere umano, di qualsiasi età, razza, religione o estrazione sociale!
Origine del metodo Vocal Harmonics in Motion
Come musicoterapeuta, mi sono sempre chiesto come mai diverse tecniche e metodi in musicoterapia non contemplassero l’utilizzo della voce, che in fondo è il primo strumento a nostra disposizione. Ho cominciato ad interessarmi del possibile utilizzo della voce in terapia molti anni fa e mi sono convinto della sua efficacia durante i numerosi viaggi che ho effettuato in oriente.
Durante uno dei momenti più illuminanti di questo percorso, in un villaggio dell’ India centrale, mi trovai ad intrattenere dei ragazzini di età scolare che parlavano un inglese appena comprensibile non permettendo di instaurare una relazione immediata;pensai quindi di utilizzare le vocali per improvvisare dei canti e delle vocalizzazioni. Tutti i bambini risposero subito con entusiasmo creando quasi istantaneamente un clima di condivisione, di comunicazione , di relazione. Per un’ora abbondante le vocali divennero il nostro linguaggio, le voci, i nostri strumenti.
Quell’episodio mi fece riflettere. Cosa aveva aperto i canali di comunicazione, cosa aveva favorito la socializzazione e il divertimento? In quel caso la voce era diventata lo strumento che aveva permesso l’integrazione, perché tutti, bene o male, erano in grado di utilizzarla, di “suonarla”, senza bisogno di imparare una canzone con un testo, bastava lasciarsi andare all’emozione, al canto corale.
Le vocali avevano trasceso il linguaggio per divenire un’entità transverbale.
A seguito di questo episodio cominciai ad introdurre il canto vocalico in diverse situazioni che richiedessero l’aggregazione, la socializzazione, la manifestazione delle emozioni, ottenendo risultati sempre più tangibili.
Nel 2004 l’autorevole rivista scientifica Journal of Behavioral Medicine (Volume 27, Number 6, December 2004 , pp. 623-635(13) pubblico’ una ricerca dal titolo:”Effetti del canto in coro sulla secrezione dell’immunoglobulina A , del cortisolo e su stati emozionali” (effects of Choir Singing or Listening on Secretory Immunoglobulin A, Cortisol, and Emotional State).Anche la scienza cominciava a prendere in considerazione gli effetti del canto .
Il canto vocalico aveva dato dei buoni risultati in quanto portava ad annullare immediatamente le convinzioni limitanti legate alla tecnica, all’apprendimento di un linguaggio musicale, alla memorizzazione di un testo o di una melodia (che per alcuni soggetti diventano a volte ostacoli insormontabili). Cercavo però qualche cosa che aggiungesse una dimensione più emozionale ed introspettiva, qualcosa che proiettasse il “cantore” in una dimensione profonda e spirituale.
Nel 1990 avvenne l’incontro con una tecnica che avrebbe completamente stravolto la mia concezione di canto e di utilizzo della voce: il canto armonico o canto con gli armonici (overtones singing). Queste tecniche vocali prevedono l’emissione contemporanea di più suoni (nota fondamentale e armonici superiori) con un effetto particolarmente interessante sia dal punto di vista dell’ effetto acustico che dell’espressione musicale.
Nonostante sia presente in numerosissime tradizioni etniche e storiche, questo tipo di vocalità ha trovato la sua massima espressione in aree geografiche appartenenti all’oriente, e più precisamente alla vasta area dell’Asia centrale, fino ad attraversare il Tibet, la Mongolia e le remote repubbliche siberiane di Tuva e Buriazia. Queste popolazioni ne hanno fatto uno strumento di collegamento con il divino e di elevazione spirituale, la qual cosa trascende il significato emozionale ed estetico che noi occidentali normalmente attribuiamo al “cantare”.
Ma proprio perché questi suoni generano nel profondo effetti non trascurabili, possono essere utilizzati per il nostro riequilibrio psichico, energetico e fisico, o per approfondire la nostra capacità di ascolto interiore.
Attualmente l’uso del canto armonico è sempre più diffuso, complice il grande successo che ha avuto a partire dalla metà degli anni 90 sia come tecnica di canto fine a se stesso , che come mezzo di introspezione ed evoluzione personale.
Impadronirsi della tecnica a livello base non è difficile. Tutto nasce dalle posture di bocca, lingua, tratto vocale e labbra mentre si cantano le vocali A E I O U.
Notai subito che questo tipo di canto aveva una peculiarità, provocava quasi istantaneamente sia nell’emittente che nel ricevente una modificazione dello stato di coscienza, un’ interruzione del dialogo mentale, favorendo l’avvicinamento a quello che successivamente avrei denominato il luogo interiore…
© 2012 Lorenzo Pierobon – Veronica Vismara
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