La voce: olografia dell’essere

La voce: olografia dell’essere

Autore: Lorenzo Pierobon Veronica Vismara © + ® 2007

In principio era il Verbo, secondo il vangelo di Giovanni tutto comincia con il logos, la parola, la vibrazione. Per il pragmatismo degli scienziati  la creazione comincia con il “big bang”  che implica di fatto un suono . Il concetto che tutto sia in perenne vibrazione, che la natura sia di fatto una sinfonia di suoni non è  quindi cosa nuova.Ogni corpo presente nell’universo emette vibrazioni, che producono,a loro volta, dei suoni, e così  via.
Le differenze  nell’ambito della qualità  vibrazionale dei vari regni(minerale, vegetale, animale), sono  quelle che determinano le diverse manifestazioni fisiche degli stessi.
Ponendo della sabbia o limatura di ferro su di una piastra metallica e facendola vibrare con un archetto per violino, ci  si accorge istantaneamente che questa assume forme organizzate come se fosse sotto l’influenza di un campo magnetico. Più il suono è armonico, più le figure si dispongono in maniera regolare. Questo tuttavia non deve sorprendere, visto che, come si e’ già detto, ogni corpo materiale è un’insieme di atomi in movimento, cioè che vibrano.
Ulteriore esempio di differenze vibrazionali che si manifestano attraverso un altro  canale sensoriale, sono i colori. Ad ogni colore infatti corrisponde una precisa vibrazione.Espandendo questo concetto si possono intuire le corrispondenze tra i chakra e i colori ad essi attribuiti nella cultura orientale.  La stessa cultura, così attenta agli aspetti più sottili dell’energia dei corpi, ci insegna che ad ogni chakra, oltre  ad un colore, corrisponde anche un suono ben preciso, in grado di attivarlo  o riequilibrarlo.
Un parallelo cognitivo che fa parte di una cultura più vicino alla nostra, può essere ritrovato nella corrispondenza tra lo spettro sonoro e quello luminoso: infrarossi e subsuoni ad una estremita’ dello spettro, ultravioletti e ultrasuoni dall’altra.

RESPIRAZIONE
Una respirazione corretta e funzionale è alla base di una buona emissione vocale.  A monte della voce esiste il respiro, che gradualmente  si “cristallizza” nella voce stessa, grazie agli organi che concorrono all’atto fonatorio; tra questi il diaframma , considerato uno dei più importanti muscoli respiratori.
Il diaframma separa la cavità toracica da quella addominale e si presenta come una cupola che sale all’interno della gabbia toracica. Non solo presiede all’atto respiratorio, ma “registra”  e “ancora” tensioni e traumi emozionali. E’ quindi importante mantenere questo muscolo non solo tonico , ma anche libero da quelle emozioni negative o comunque parassite che potrebbero comprometterne il corretto funzionamento.
La respirazione comunemente consigliata nel canto  è quella cosiddetta addominale perché consente di riempire i polmoni fino quasi alla loro parte apicale. Per ottenere questo tipo di respirazione la gabbia toracica viene immobilizzata e l’atto respiratorio avviene grazie ad un delicato equilibrio di  contrazione e decontrazione del diaframma e della muscolatura addominale. Nell’inspirazione Il diaframma si abbassa mentre contemporaneamente gli addominali si rilasciano: i visceri sono spinti in  basso, lasciando lo spazio che occupavano a disposizione dell’aria. Nell’ espirazione invece gli addominali si contraggono , il diaframma si rilassa: i visceri ritornano  verso l’alto e l’aria esce. Durante l’emissione della voce il diaframma si decontrae gradualmente opponendosi all’azione dei muscoli addominali e controllando così la regolarità del flusso espiratorio (M. Uberti). La capacità di graduare consapevolmente la decontrazione diaframmatica sta alla base del cosiddetto “appoggio” , tecnica fondamentale nel canto per poter sostenere il suono in modo naturale e consentire così al cantante  l’utilizzo di tutte le sfumature  di volume, timbro e altezza, che la sua voce gli permette.
Riteniamo importante insistere sul corretto uso della respirazione addominale , perché spesso, anche tra i professionisti della voce, questo argomento viene trattato con superficialità e non curanza determinando a volte un uso scorretto della voce  stessa, che può sfociare in patologie vere e proprie.

Descriveremo  ora  alcuni parametri che sono comuni sia alla voce parlata che a quella cantata.
Timbro: è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un altro. Dipende dalla forma dell’onda sonora, determinata dalla sovrapposizione delle onde sinusoidali caratterizzate dai suoni fondamentali e dai loro armonici. Per quanto riguarda la voce umana, fisicamente e’ determinato dalla forma del tubo fonatorio che la voce percorre da quando viene creato , a livello delle corde vocali, a quando viene emesso dalla bocca. Dipende  perciò ovviamente dal tipo e dalla profondità della respirazione. Esistono  poi delle strutture scheletriche a forma fisse, geneticamente determinate, che lo influenzano, e che sono: il mascellare superiore, le cavità nasali e paranasali e il palato duro. Altre parti sono invece gestibili da parte del sistema muscolare  connesso con la parte inferiore della bocca, cioè la mandibola, e sono: labbra, lingua, velopendulo e palato molle,  che sono in pratica sotto il controllo della nostra volontà.Tutto questo insieme di caratteristiche, genetiche o acquisite, determinano la “personalità vocale “ di ciascuno di noi, ciò che rende una voce immediatamente riconoscibile rispetto ad un’altra, la sua impronta timbrica, appunto.
La cosa interessante e’ che nel nostro timbro restano impressi tutti i nostri vissuti, rendendolo perciò una sorta di specchio sonoro che può svelare, o celare, alcuni aspetti della nostra personalità, talvolta molto intimi.
Altezza : L’altezza è la qualità che fa distinguere un suono acuto da uno grave. Dipende in massima parte dalla frequenza delle onde sonore, ma anche dalla intensità. L’orecchio umano percepisce solo i suoni che vanno da 20 a 20.000 vibrazioni al secondo. Al di sotto abbiamo gli infrasuoni, al di sopra gli ultrasuoni.
La pratica musicale copre una gamma di suoni, le cui fondamentali vanno dal do grave che ha circa 65 vibrazioni semplici al secondo al do acuto che ha 8276 vibrazioni semplici. La voce umana ha un registro ancora più limitato.
Ognuno di noi parla abitualmente ad una altezza preferita, detta anche Formante di base. Questa e’ determinata anch’essa da strutture anatomiche, ma può subire molte modificazioni in base allo stato emotivo della persona.La formante reale, il nostro suono di base, costituisce l’”Io-Parlato o Cantato”  che vale la pena di scoprire.
Volume:  Dipende dall’intensità delle onde sonore, cioè dalla loro densità  energetica. È la qualità sonora associata alla definizione intuitiva di forza del suono, ed è determinata dall’ampiezza della vibrazione e dalla distanza del punto di percezione da quello di emissione del suono. Essere padroni del proprio volume sonoro è una abilità molto utile nel parlato, e indispensabile nella voce cantata. Concorre a dare il colore e le sfumature analogiche della voce, e ad aggiungere perciò significato al contenuto che viene detto/cantato.
Componente emozionale:  La respirazione determina la varietà delle componenti precedenti, ma ciò che influenza maggiormente il ”parlato” peculiare di ciascuno di noi e’ la componente emozionale.
Chi non ha mai fatto l’esperienza di “innamorarsi” di una voce? Parlata, recitata o cantata, la voce esprime il mondo interno della persona che la emette, e ne svela indirettamente la componente emozionale, intuibile  però solo ad un ascolto attento.
Nella voce parlata, ai fini di un’efficace comunicazione, e’ molto importante l’utilizzo di pause, volumi e la direzione verso cui viene proiettata. L’intenzione dell’oratore e la sua congruenza interna, tra cosa dice e come lo dice, ne determinano la sua efficacia e abilità.
La voce recitata  implica la volontà di veicolare delle emozioni, che non sono quelle di chi recita, ma quelle del personaggio che sta interpretando. Perciò , oltre alle componenti di cui sopra, e’ necessaria una competenza specifica per quanto riguarda la gestione della componente emotiva insita nella comunicazione artistica stessa.
La medesima abilità dovrebbe far parte del patrimonio cognitivo  e del bagaglio squisitamente tecnico, di chi usa la voce per cantare.
Troppo spesso invece questa componente viene subordinata ad una competenza strettamente tecnica, che può sfociare in una aridità interpretativa. Come cita Hazrat Inayat Khan ne “Il misticismo del suono”,”……un cantante può cantare solo una nota e tutto il pubblico viene commosso.Un altro canta dozzine di note e nessun effetto viene prodotto..”
La costante che si evidenzia è che  in qualsiasi contesto  l’uso della voce è fortemente diretto e influenzato dall’emozione che il soggetto prova o crede di provare in quel momento. Ne risulta che una gestione corretta della componente emozionale sia una prerogativa indispensabile per un uso efficiente ed efficace della voce, in qualsiasi contesto  venga preso in considerazione.
L’emozione va innanzitutto percepita. Esistono infatti delle persone, dette alessitimici, che faticano a percepire e riconoscere  le emozioni proprie e altrui, vivendo in una sorta di mondo “dissociato” dalle emozioni stesse.
Il passo successivo e’ il riconoscimento della stessa. Va distinta un’emozione di rabbia, da una di tristezza o di paura, sia per una indispensabile consapevolezza di sé, che ai fini delle strategie gestionali dell’emozione in questione.
Una volta riconosciuta bisogna decidere se sia possibile, sano ed “ecologico” esprimerla, o se sia meglio elaborarla (mai rimuoverla!). Apprese le strategie decisionali al riguardo, e divenuti finalmente padroni dei propri stati emotivi, sarà possibile, ed estremamente piacevole ed evolutivo, saperle utilizzare per muovere  e pro-muovere le emozioni altrui.
La voce può permettere tutti questi processi, essendo uno spaccato dell’intero individuo, il suo ”ologramma” appunto. Ri-conoscere, studiare e lavorare sulla propria voce equivale ad un processo analogo nei confronti del proprio Sé profondo.  La voce quindi rappresenta uno degli strumenti più potenti e autentici a disposizione per intraprendere un viaggio cognitivo/esperienziale all’interno del proprio mondo emozionale (voce emozionale)
Il modello olografico, si basa sul concetto di informazione totale, che lega ogni piccola parte al “tutto”. Ogni singola parte diviene così un ologramma che contiene al suo interno una rappresentazione dell’insieme da cui deriva, questo concetto sta alla base del paradigma olistico e potremmo riassumerlo con “tutto è uno”, ed affermare che le vibrazioni contenute nella voce non sono altro che la rappresentazione olografica dell’intero universo vibratorio. Questo concetto è ben sintetizzato nell’affermazione del filosofo Plotino: “ ogni essere contiene in sé l’intero mondo intelligibile. Il suo Tutto è dovunque. Ciascuno è il suo Tutto, e Tutto è ciascuno”.

Lorenzo Pierobon     Veronica Vismara © + ®

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