E in principio fu Musica!!!
L’affermazione può sembrare un po’ eccessiva e di biblica memoria ma chiunque si soffermi a pensare al momento esatto in cui sembra abbia avuto inizio l’esplosione creatrice dell’Universo, il famoso Big-Bang, non può non immaginarlo …
che come un evento sonoro. Le origini della musica, quindi, si perdono nella notte dei tempi. Con il suo linguaggio universale, che non necessita per essere compreso di una speciale codifica giacché da sempre presente nella vita, essa può essere considerata una delle prime manifestazioni artistiche dell’uomo che sapientemente ha poi trasformato in uno dei più antichi sistemi di cura/guarigione.Di conseguenza, la musica è parte fondante della vita in genere e riveste un ruolo fondamentale per ogni essere umano.Quando ancora non siamo altro che un agglomerato di cellule percepiamo il mondo che ci circonda attraverso un insieme di vibrazioni sonore che si propagano nel corpo della madre: il battito del cuore, l’alternarsi delle fasi respiratorie, le contrazioni muscolari, quelle intestinali o il senso di vuoto nello stomaco, ecc.Successivamente, con lo sviluppo dell’orecchio e soprattutto del nervo acustico diventa possibile per il feto udire i suoni provenienti dal mondo esterno anche se attutiti e filtrati dal liquido amniotico. In questo modo egli riesce ad instaurare un rapporto speciale con la madre fatto non solo di esigenze e cure fisiologiche di primaria sussistenza ma centrato anche su una profonda relazione affettiva.Alcuni studi hanno evidenziato l’effetto tranquillante che un brano musicale, fatto ascoltare durante la vita prenatale, può avere su un neonato agitato, questo a dimostrazione dell’esistenza di una memoria (musicale) di quel periodo che normalmente viene perduta durante lo sviluppo.Anche nelle prime fasi della vita i suoni accompagnano la nostra conoscenza con il mondo che ci circonda e hanno un elevato potere sul nostro stato psico-fisico. Pensiamo, ad esempio, al momento in cui in preda ad un pianto disperato nostra madre ci ha stretto tra le braccia sussurrandoci sì delle parole a noi incomprensibili ma non nel loro suono così dolce, caldo e familiare tanto da avere su di noi un vero e proprio potere taumaturgico.Comunque una cosa è certa: nella storia dell’uomo la musica è utilizzata come uno dei mezzi più validi per rilassare e rasserenare lo spirito tanto che i nobili di ogni tempo ed epoca si sono circondati di musici in grado di lenire i loro “affanni” con la melodia dei loro strumenti.Ma dove nasce il potere dei suoni o meglio della musica? Per far luce su questi concetti abbiamo “scomodato” un musicoterapeuta di comprovata esperienza: Lorenzo Pierobon
Lorenzo, prima di tutto, cos’è la musicoterapia?La musicoterapia è una pratica antichissima. La ritroviamo in tutte le civiltà del passato, dagli indiani d’America agli antichi egizi, dalla medicina tradizionale cinese agli sciamani sparsi alle diverse latitudini, dall’India alla medicina ippocratica della Grecia. Associata a pratiche magico-religiose e sciamaniche veniva utilizzata come tramite per entrare in contatto con le proprie divinità, oltre ad essere un potente strumento di cura e guarigione. I medici greci, ad esempio, prescrivevano trattamenti in cui la condizione di salute si raggiungeva in sinergia anche grazie all’utilizzo della musica.Solo nel XVIII secolo la musicoterapia assume una connotazione scientifica grazie ad una serie di esperimenti condotti per comprendere come le onde sonore possano interagire con il nostro organismo e così curare o prevenire l’insorgenza di alcuni disturbi. Questi esperimenti hanno determinato una più facile accettazione da parte di noi occidentali, razionali e pragmatici, dell’uso della musicoterapia a fini terapeutici per quanto tutto ciò sia paradossale. La musica, infatti, agisce sulla nostra parte irrazionale, inconscia, e quindi è assurdo cercare delle spiegazioni che ne giustifichino l’uso, anche se è comunque interessante cercare di comprendere se ci siano delle relazioni tra suono e disturbo o squilibrio fisiologico.Dal punto di vista storico abbiamo una musicoterapia attiva, in cui il soggetto è invitato a interagire con gli strumenti, divenendo parte attiva di un set, situazione molto simile a una seduta analitica dove però la relazione è di tipo non verbale; oppure abbiamo una musicoterapia passiva, dove al soggetto vengono somministrati brani musicali, suoni, vibrazioni, sia dal vivo sia in diffusione. In linea di principio c’è da dire che la divisione non è mai totale e si può tranquillamente passare da una metodologia all’altra a seconda del percorso che si sta facendo.Raccontaci come sei diventato musicoterapeuta Per me si è trattato di un passaggio obbligato. Io vengo dal canto. Negli anni ’80 avevo un gruppo pop-rock, sono poi passato alla musica ambient anni ’90 per poi prendere definitivamente la strada della sperimentazione dalla metà degli anni ’90 fino ad oggi.Diciamo che non ho fatto altro che legare tanti interessi e passioni come quelle per le discipline orientali. Grazie ad esse ho iniziato a riflettere sulla potenza della voce come strumento musicale che è in grado di muovere emozioni e sensazioni, e quindi ho intrapreso una serie di studi (corsi, seminari, viaggi in oriente in particolare in India, Indonesia, Mongolia, ecc.) che mi hanno portato ad utilizzare la voce, appunto, come strumento di lavoro. C’è da dire che in musicoterapia la voce non è uno strumento molto utilizzato e questo mi ha permesso di sviluppare un metodo di lavoro ex novo, di cui magari parleremo in un’altra occasione…Tra i vari filoni della musicoterapia quello che sento più affine a me, per via del mio percorso di crescita, è sicuramente quello “transpersonale”, anche definito olistico, in cui ogni individuo è considerato sempre nel suo insieme inscindibile di corpo, mente e spirito. In musicoterapia questi concetti li ho estrinsecati nella triade respiro-voce-movimento. In questo ovviamente c’è molto di me e delle mie esperienze, le discipline orientali, la meditazione, la respirazione, il qi gong. Dalla fusione delle mie esperienze personali supportate da studi seri e impegnativi deriva il mio metodo di lavoro.Chi si rivolge al musicoterapeuta?Il musicoterapeuta, come figura professionale, non si conosce ancora molto nel nostro paese per cui attualmente funziona per lo più attraverso il passaparola tra amici o conoscenti, oppure, a volte si arriva da noi tramite l’invio da parte di un medico o di uno psicoterapeuta, di buona apertura mentale, che consiglia al proprio paziente (o cliente) di fare questo tipo di percorso.Le sedute possono essere individuali o di gruppo e permettono di intervenire su disturbi di diversa entità, dalla tossicodipendenza alla depressione, dall’ansia all’autismo, ma anche in soggetti che hanno subito lesioni cerebrali (post coma), ischemie o ictus. Senza giungere a situazioni così gravi la musicoterapia è indicata anche per quei soggetti sottoposti a condizioni di stress poiché aiuta a sciogliere le tensioni o a lavorare su blocchi emotivi o traumi, magari rimossi, facendo leva sulle proprietà regressive della musica.Inoltre, nel caso particolare dell’uso della voce come strumento terapeutico si dimostra efficace nei soggetti affetti da afasia o patologie legate alla voce e alla comunicazione. (2.11.08)
Tiziana Cantarelli
Per approfondire l’argomento: Lorenzo Pierobon-Veronica Vismara: Suoni dell’anima, l’essenza nascosta della voce (Minerva edizioni)M. Scardovelli Il dialogo sonoro, Cappelli, 1992R. Benenzon La nuova musicoterapia, Il Minotauro, 2006E. Lecourt La musicoterapia, Cittadella editrice, 1992D. Campbell, L’effetto Mozart, Baldini e Castoldi editori, 1999L. Bence e M. Mereaux, Musicoterapia-Ritmi armonie e salute, Xenia Edizioni, 1990
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