Archivio mensile 26 Novembre 2024

Arti marziali (interne) voce e canto

La voce e le arti marziali si incontrano in una zona virtuale dove l’energia, il corpo e la mente si fondono. La pratica della vocalizzazione nelle arti marziali è un esempio potente di come il suono può avere un impatto fisico e psicologico sul corpo, e di come le frequenze sonore possano essere utilizzate per migliorare non solo la tecnica, ma anche la consapevolezza e la spiritualità del praticante. Diverse discipline marziali attribuiscono un’importanza specifica alla respirazione, al suono e alla risonanza vocale come parte dell’allenamento e della performance.  In molte arti marziali orientali, come il Tai Chi e l’Aikido, si enfatizza l’importanza di connettersi con la propria energia interna, o qi. L’uso della voce, anche solo come vibrazione interna durante l’espirazione, può aiutare a radicare e a stabilizzare la mente e il corpo. Questa connessione può essere particolarmente potente quando il praticante utilizza suoni gravi o note basse, che creano una risonanza profonda e calmante. Questi suoni vengono spesso emessi durante il movimento, soprattutto nelle tecniche di spinta o nelle fasi di rilascio dell’energia.

Uno degli esempi più noti dell’uso della voce nelle arti marziali è il kiai, (気合: “grido” o “spirito combattivo”) un grido ottenuto da una forte espirazione ventrale che consente di rilasciare l’energia al momento dell’assalto. Nel kendō, ai principianti viene insegnato a gridare il nome della parte bersaglio del colpo (kote, men, dō, tsuki) per sviluppare il kiai. Questo suono, emesso con forza al culmine di un attacco o di una mossa difensiva, ha più scopi: aiuta a liberare energia, a intimidire l’avversario, e a focalizzare l’intenzione del movimento. Il kiai è una forma di “canto marziale,” una vibrazione vocale che mira a mettere in sincronia il corpo e la mente, generando uno stato di flow in cui l’intenzione e il gesto si fondono in un’unica azione. Alcuni studi suggeriscono che l’uso del kiai può effettivamente aumentare la forza fisica e la potenza del colpo grazie alla contrazione muscolare indotta dalla vibrazione sonora.

Alcune pratiche cinesi, come il Qigong e il Kung Fu, utilizzano suoni specifici per controllare la respirazione e promuovere la salute energetica del corpo. Questi suoni, noti come “i sei suoni segreti” nel Qigong, aiutano a stimolare organi interni e a migliorare la circolazione del qi. Questa pratica si basa sul principio che il corpo, come uno strumento musicale, risuona a specifiche frequenze, e che il suono giusto può favorire l’armonia interna e il rilassamento. Le vibrazioni create dai suoni vocali possono anche avere un effetto sulla muscolatura. L’azione di emettere suoni come grida o anche solo suoni ritmati può portare ad un miglior controllo della contrazione muscolare. Alcuni atleti usano il grido non solo come un modo per caricare il corpo di energia, ma anche per rendere più fluida e potente l’esecuzione di un movimento.

Gli stili interni delle arti marziali cinesi nascono dalla fusione tra pratiche meditative, influenzate dal Buddismo e dal Taoismo, e le tradizioni marziali radicate nei villaggi cinesi. Questo incontro ha dato vita a discipline in cui la ricerca dell’equilibrio, tanto fisico quanto mentale, è il fulcro della pratica, trasformando le arti marziali in un percorso di crescita personale e spirituale. L’idea centrale di queste discipline è che la vera forza risiede non nell’azione aggressiva, ma nella capacità di armonizzare corpo, mente ed energia. Gli stili interni si fondano su alcune caratteristiche fondamentali che riflettono l’unione tra tecnica marziale e ricerca meditativa:

Elasticità e coordinazione
Gli stili interni enfatizzano la flessibilità come qualità indispensabile per muovere il corpo in armonia. I piedi rappresentano la connessione con la terra, la testa con il cielo e le mani con lo spazio intermedio. Ogni gesto diventa un ponte tra questi elementi, creando un’unità armoniosa.

Gesti lenti e consapevoli
La lentezza dei movimenti è il segreto per costruire l’unità tra corpo e spirito. Gesti deliberati e precisi educano il praticante a percepire ogni minima tensione e a rilasciarla, portandolo a un controllo sempre maggiore del proprio corpo e della propria energia.

Rilassamento  come forma di connessione alla forza vitale
L’abbandono delle tensioni muscolari è essenziale per permettere ai fluidi corporei e al respiro di scorrere liberamente. Questo rilassamento non è sinonimo di debolezza, ma di forza flessibile, capace di adattarsi e di fluire liberamente senza ostacoli.

Immobilità e il principio del Wu Wei
La pratica della quiete, anche nel movimento, permette di raggiungere lo stato di wu wei, ovvero il “agire senza forzare” (il non agire). Questo concetto taoista suggerisce che l’azione più efficace nasce dalla totale assenza di resistenza mentale o fisica, permettendo al corpo di rispondere spontaneamente e in modo naturale agli stimoli esterni.

Alternanza di pieno e vuoto
Il praticante degli stili interni impara a giocare con l’equilibrio tra pieno (durezza ed esplosività) e vuoto (distensione e rilassamento). Questa alternanza è ciò che rende una tecnica fluida ed efficace, capace di neutralizzare l’avversario senza uno sforzo eccessivo.

Presenza  come allenamento dell’intenzione
Il lavoro sull’intenzione è fondamentale. L’energia segue il pensiero, e attraverso la presenza  il praticante coltiva il corpo e lo spirito, sviluppando un controllo continuo e totale del proprio essere.

I praticanti di queste discipline cercano un controllo completo del corpo, sviluppando la capacità di passare da uno stato all’altro con leggerezza e consapevolezza. Quando un attacco viene sferrato, essi lo neutralizzano attraverso una contrazione controllata dell’energia interna (qi), per poi rilasciarla in maniera esplosiva al momento opportuno. Questo processo non è solo fisico, ma anche mentale: richiede calma e una profonda connessione con il proprio centro. In un mondo sempre più frenetico, la filosofia degli stili interni offre una via per coltivare l’equilibrio e la consapevolezza. La loro pratica non è solo utile per la difesa personale, ma anche per il benessere psicofisico, poiché insegna a muoversi con intenzione, a respirare profondamente e a rispondere agli eventi con flessibilità. Questa saggezza, ereditata dai villaggi e monasteri cinesi, rimane oggi più che mai un potente strumento per affrontare le sfide quotidiane con serenità e forza interiore.

Nella mia personale esperienza ho riscontrato che alcuni artisti marziali, specialmente quelli che praticano arti interne, hanno sperimentato tecniche vocali come il canto armonico. Attraverso la pratica del canto armonico, l’artista marziale può esplorare la propria voce come mezzo di meditazione e di auto-espressione profonda, il che può portare ad una maggiore consapevolezza del proprio stato interno. L’uso degli armonici vocali permette una risonanza unica, che può aiutare a canalizzare meglio l’energia e a migliorare la concentrazione. La voce può anche essere uno strumento per accedere a stati alterati di coscienza. In molte arti marziali, si parla di entrare in uno “stato di flusso” o di “vuoto mentale” (chiamato mushin nel Buddismo Zen). Questa condizione mentale è simile a quella che si può sperimentare attraverso pratiche vocali come il canto armonico, il canto dei mantra o il canto vocalico dove la mente razionale si ritira e il corpo agisce in modo spontaneo e intuitivo. Attraverso la pratica della vocalizzazione, l’artista marziale può accedere a uno stato di coscienza in cui la sua risposta è immediata, intuitiva e priva di tensione.

Il canto nelle arti marziali aggiunge un livello ancora più profondo di connessione tra mente, corpo e spirito, esplorando non solo la voce come veicolo di energia, ma anche come strumento di equilibrio e centratura. Mentre suoni come il kiai sono pensati per esplosioni di potenza, il canto introduce un aspetto più meditativo e continuo, utile per il mantenimento dell’energia e per favorire la concentrazione durante l’allenamento.

Un’arte marziale come la Capoeira brasiliana, include il canto come elemento fondamentale dell’allenamento. Il canto ritmico accompagna i movimenti, contribuendo a creare un flusso armonico tra l’atleta e il ritmo musicale. Il canto permette al praticante di entrare in sintonia con il proprio corpo, rispondendo in maniera più fluida e intuitiva ai movimenti dell’avversario. Inoltre, aiuta a stabilire un ritmo interno costante, che mantiene l’energia senza sprechi. Alcuni praticanti di livello avanzato usano il canto come strumento di visualizzazione. Cantare una nota lunga e continua può aiutare a creare una “mappa mentale” dei movimenti, permettendo così di focalizzare la propria intenzione su specifiche parti del corpo o su una tecnica in particolare. L’idea è che il canto diventi un mantra che guida la mente e il corpo attraverso l’azione, rendendo il gesto più preciso e l’intenzione più focalizzata. Questo è particolarmente utile nelle arti marziali interne, dove il controllo mentale e la consapevolezza del corpo sono fondamentali. Il canto armonico, in particolare, ha un potenziale speciale nelle arti marziali, soprattutto quando si esplorano tecniche più spirituali. Pratiche come il canto difonico (in cui si producono due note contemporaneamente) permettono di creare frequenze che risuonano nel corpo e nella mente, generando uno stato di profonda consapevolezza e connessione con se stessi. Questo tipo di canto è utilizzato da alcuni artisti marziali come pratica preparatoria, un metodo per raggiungere uno stato mentale libero da distrazioni e pronto ad accogliere le tecniche da memorizzare.

Alcuni maestri marziali, influenzati dalle pratiche zen e taoiste, vedono il canto come un’estensione naturale dell’arte marziale. Proprio come ogni colpo o movimento deve essere eseguito con intenzione, anche il canto è un mezzo per esprimere il proprio potere interiore e armonizzare l’energia. L’idea è che la voce rappresenti una forma di “respiro sonoro”, che, se allineato con il corpo, può intensificare l’efficacia della pratica e persino amplificare l’intento di ogni gesto. Il canto diventa così un’espressione sonora del movimento, una “scia vibrante” che lascia un’impronta di sé anche dopo l’esecuzione della tecnica. La sinergia tra canto e arti marziali va oltre l’uso della voce come semplice espediente tecnico. Il canto diventa una forma di meditazione in movimento, che permette al praticante di entrare in una dimensione intima e spirituale, amplificando la connessione tra corpo e spirito. Questa fusione tra canto e arte marziale non è solo una strategia di allenamento, ma un cammino per raggiungere un equilibrio profondo.

Lorenzo Pierobon 2024 ©

 

Wu Wei e Wu Shin: l’essenza del Tao applicata all’arte, alla musica e al canto

I concetti di Wu Wei e Wu Shin derivano dal Taoismo, ma la loro portata si estende ben oltre la filosofia e le pratiche spirituali, influenzando profondamente le arti, tra cui la musica, il canto e la danza. Questi principi non rappresentano solo una via di approccio alla creazione artistica, ma forniscono anche una guida esoterica per vivere in armonia con il Tao, il principio universale che permea ogni cosa. In un mondo sempre più orientato al controllo, all’intenzionalità e alla produttività, i concetti di Wu Wei (non-agire) e Wu Shin (assenza di mente) ci ricordano il potere della spontaneità, dell’azione fluida e dell’abbandono alla naturalezza. Questi principi non sono soltanto teorie astratte o pratiche spirituali, ma veri e propri atteggiamenti esistenziali che si manifestano in ogni aspetto della creazione artistica, portando l’artista a vivere in armonia con il fluire naturale del Tao. Nell’ambito esoterico, rappresentano una sorta di “magia” che permette di connettersi con forze superiori attraverso la bellezza e la spontaneità creativa.

Wu Wei: agire senza forzare
Il Wu Wei viene spesso tradotto come “non-agire”, ma questa interpretazione può risultare fuorviante se non compresa nel contesto taoista. Wu Wei non significa inattività o passività, ma agire in modo naturale, senza forzature, in sintonia con il flusso naturale degli eventi. In altre parole, è l’arte di “fare senza fare”, di lasciare che l’azione fluisca liberamente, senza interferire con il corso naturale delle cose. In termini esoterici, Wu Wei rappresenta un equilibrio tra volontà individuale e la volontà cosmica. L’artista, che sia un musicista, un danzatore o un cantante, non forza l’azione o la creazione. Invece, si lascia trasportare dall’energia e dal ritmo naturale del mondo, permettendo che l’arte si manifesti attraverso di lui. Nella musica, Wu Wei si manifesta quando l’artista non tenta di controllare ogni aspetto dell’esecuzione, ma si lascia andare all’ispirazione. Nella pratica del canto, in particolare, questo può assumere forme sorprendenti. Il canto armonico, per esempio, è una tradizione ancestrale che trova espressione nelle culture mongole e tibetane. I cantanti armonici non “producono” il suono attraverso un processo di controllo forzato, ma piuttosto lo “ricevono”, lasciando che le vibrazioni emergano dalla loro interazione spontanea con il respiro e il corpo. È un atto che trascende la volontà individuale, dove la voce diventa un veicolo per canalizzare l’energia cosmica.
Nell’ambito della musica strumentale, molti compositori e interpreti descrivono l’esperienza di un flusso ininterrotto di creatività che scorre attraverso di loro, quasi come se la musica “venisse suonata” da una forza esterna. Il musicista diventa il tramite, e in questo stato di grazia il concetto di Wu Wei si realizza pienamente: non è più l’ego a guidare l’azione, ma un flusso superiore. Il jazz, per esempio, con la sua enfasi sull’improvvisazione, incarna perfettamente questa filosofia. Il musicista jazz, quando è nel pieno della performance, non pianifica ogni singola nota in anticipo, ma si lascia guidare dal momento presente, rispondendo agli stimoli esterni, sia dagli altri musicisti che dall’ambiente. Questa forma di “non-agire” nell’improvvisazione crea un contesto in cui la musica può evolversi senza vincoli, rivelando nuove possibilità sonore.
Nella danza, Wu Wei si manifesta come un movimento fluido e spontaneo, dove il danzatore non cerca di dominare lo spazio o di controllare il proprio corpo in modo rigido, ma piuttosto si lascia guidare dal ritmo, dal respiro e dall’energia circostante. In molte tradizioni mistiche, come la danza sufi o le pratiche di danza sacra orientale, l’abbandono al movimento è visto come un atto di preghiera. Il danzatore diventa uno strumento del divino, e ogni movimento si trasforma in un’espressione dell’unità con il tutto. Nel contesto esoterico, la danza può essere vista come una forma di comunicazione con il divino. Non è raro che i danzatori mistici entrino in uno stato di trance, in cui il movimento diventa un veicolo per l’estasi spirituale. In questo stato, il concetto di Wu Wei si realizza completamente: non c’è sforzo consapevole, ma solo l’abbandono a un’energia superiore che guida il corpo senza resistenza.

Wu Shin: il vuoto creativo
Mentre Wu Wei si focalizza sull’agire senza forzature, Wu Shin rappresenta lo stato mentale necessario per raggiungere questa condizione. Il termine Wu Shin si traduce letteralmente come “assenza di mente”, ma questo vuoto non è uno stato di assenza totale o apatia, bensì uno stato di apertura e ricettività. La mente, come uno specchio, non trattiene nulla, non giudica, non si attacca a nulla. Riflette tutto ciò che accade, ma senza interferire. In termini creativi, Wu Shin rappresenta uno stato di vuoto mentale che permette all’artista di essere completamente immerso nel flusso creativo, senza distrazioni o blocchi mentali. La mente non è più ostacolata dai pensieri egoici, dalle preoccupazioni o dalle aspettative, ma è completamente presente, libera di rispondere al momento presente. Mente vuota, piena creatività.

La voce come estensione del vuoto
Nel canto, Wu Shin si manifesta come una forma di abbandono alla voce stessa. I cantanti che praticano tecniche orientali, come il canto sacro tibetano o il canto difonico, descrivono uno stato in cui la mente si svuota completamente, permettendo al suono di emergere in modo naturale. La voce, in questo contesto, diventa uno strumento per connettersi con il sacro, un mezzo attraverso il quale le vibrazioni del cosmo possono essere percepite e trasmesse. L’esoterismo del Wu Shin si rivela in tutta la sua potenza quando il cantante raggiunge uno stato in cui il suono non è più prodotto dalla mente conscia, ma nasce direttamente da una connessione profonda con l’energia universale. In questo stato di “vuoto”, la voce può esprimere l’infinito, diventando una forma di meditazione sonora che trascende la realtà ordinaria. Quando la mente è vuota, il suono diventa un veicolo per il sacro.

Il corpo che fluisce  nel vuoto
Nella danza, Wu Shin si manifesta come una mente completamente vuota, che permette al corpo di muoversi senza vincoli. Quando il danzatore o la danzatrice entrano  in questo stato, il corpo si muove da solo, seguendo il ritmo dell’universo. Non c’è più un io separato che controlla il movimento, ma solo una fusione tra il corpo e lo spazio circostante. Le tradizioni di danza rituale, come la danza balinese o la danza delle dervisci, sfruttano il concetto di Wu Shin per creare un’esperienza trascendentale. In questi rituali, il danzatore si svuota completamente, lasciando che il movimento diventi un atto sacro, una forma di preghiera attraverso cui il divino può manifestarsi.
Dal punto di vista esoterico, Wu Wei e Wu Shin rappresentano le chiavi per una comprensione più profonda della creazione artistica. L’arte non è solo espressione individuale, ma un atto sacro che permette di connettersi con il Tao, l’energia universale che permea ogni cosa. Attraverso il non-agire e l’assenza di mente, l’artista diventa un canale per il divino, un tramite attraverso cui l’universo può esprimersi. Nella tradizione taoista, l’arte è vista come un’estensione del Tao, e quindi ogni atto creativo è un modo per armonizzarsi con le leggi universali. Questo principio si riflette nelle pratiche artistiche più mistiche, dove il canto, la musica e la danza diventano strumenti per esplorare la dimensione sacra dell’esistenza. Applicare i concetti di Wu Wei e Wu Shin alla vita quotidiana, oltre che alle arti, rappresenta una via per vivere in armonia con il flusso naturale delle cose. Non si tratta solo di creare arte, ma di permettere che la vita stessa diventi un’arte, un atto di creazione continua, in cui l’individuo si allinea con le forze universali senza resistenza o forzatura. Nella musica, nel canto e nella danza, Wu Wei e Wu Shin ci insegnano a lasciare andare il controllo e l’ego, a fluire con il momento presente, a vivere ogni istante come un atto sacro. Nell’esperienza quotidiana, questi concetti ci guidano verso una vita più autentica e armoniosa, in cui ogni gesto, ogni suono e ogni movimento diventa un riflesso del Tao.
Wu Wei e Wu Shin non sono semplicemente concetti filosofici, ma strumenti per raggiungere un’espressione artistica e spirituale autentica. Nella musica, nel canto, nella danza e nella vita, questi principi ci guidano verso una connessione profonda con il Tao, il principio universale. Nel fare ciò, non solo creiamo arte, ma diventiamo parte integrante del grande disegno dell’universo, permettendo alla nostra essenza di risuonare in armonia con tutto ciò che ci circonda. Attraverso l’arte, possiamo sperimentare il lato mistico di Wu Wei e Wu Shin, portando il sacro nel nostro agire quotidiano, trasformando ogni gesto, ogni suono, ogni movimento in un riflesso dell’infinito.

Lorenzo Pierobon 2024 ©

Il Mistero della Voce LAB. 15 febbraio – Milano –

Le date: 15 febbraio 2025 12 aprile 2025

Un laboratorio che nasce dall’esperienza di Lorenzo Pierobon, musicoterapeuta, cantante e ricercatore della Voce, e dall’esigenza di iniziare a trasmettere una conoscenza accumulata in quasi trenta anni di ricerca e sperimentazione vocale. Gli incontri sono pensati per indagare lo strumento voce in maniera profonda, non soffermandosi esclusivamente sulla parte tecnica, ma esplorando le componenti più misteriose che conferiscono alla Voce lo status di “strumento trasformativo”. Le tecniche del canto armonico (overtones singing) ci accompagneranno in questo percorso alla scoperta della parte più nascosta e potente della voce: la componente esoterica. Tutti possono partecipare, non servono prerequisiti tecnici, in particolare è consigliato:

• A coloro che desiderano intraprendere un percorso di crescita personale e di consapevolezza

• Professionisti della relazione di aiuto (medici, psicologi, counselor, operatori olistici, insegnanti, etc).

• Artisti

• Cantanti e danzatori

• Esploratori

Gli incontri sono fruibili singolarmente, ma è fortemente consigliato il percorso completo, al termine del quale sarà rilasciato un attestato di frequenza. Per chi lo desiderasse è possibile attivare sessioni individuali di tutoring e supervisione in presenza, dove possibile, oppure online. (Gli incontri individuali, sono da considerarsi come costo a parte e saranno concordati direttamente con l’insegnante).

PROGRAMMA DETTAGLIATO

Segreteria KAILASH Telefono 02 39545486 e-mail informazioni@cckailash.it

 

 

VOICELAB laboratorio di ricerca vocale 14 gennaio – Monza

VOICELAB laboratorio di ricerca e sperimentazione vocale Leggi tutto

Corso di formazione Voicecards 17 gennaio – Monza

Sono aperte le iscrizioni al corso di formazione  Voicecards 2.0.  Il corso è a numero chiuso 

17 gennaio 2025 dalle ore 10.30  alle ore 17  in via Montelungo, 18 Monza presso BB STUDIO

Per tutte le informazioni clicca ; INFO 

pierobon.lorenzo@gmail.com